AZIENDA

La storia

Kanso è una società di consulenza che nasce nel 2006. La parola “kanso”, in giapponese, significa essenzialità e rispecchia il tema fondativo della società: cogliere l’essenza del cambiamento, sia in termini di obiettivi che di azioni. Come ha infatti spiegato efficacemente Antoine de Saint-Exupéry, “La perfezione si ottiene non quando non c’è più nulla da aggiungere ma quando non vi è più nulla da togliere”

Il ruolo di Kanso

Lo scopo della società è supportare il cambiamento – di mentalità, di comportamenti e di attitudini – soprattutto delle figure chiave che lo rendono possibile – strutture apicali, high-performing team, talenti e giovani ad alto potenziale, grazie a un metodo incentrato su quattro elementi: il potenziamento delle soft skill, la rigenerazione degli spazi di lavoro, l’uso diffuso dello zaino digitale e il potenziamento della capacità di comunicare il cambiamento stesso.

Cambiare non è mai facile anche perché l’essere umano non ama il cambiamento poiché implica l’abbandonare porti conosciuti e sicuri per affrontare un mare che magari appare calmo ma può improvvisamente diventare tempestoso e soprattutto che non ci garantisce che al di là ci sia la terra promessa.

Kanso aiuta le aziende a cambiare in modo consapevole e stabile e soprattutto non eterodiretto: il cambiamento deve essere sempre guidato da noi.

Innanzitutto punta a una consapevolezza ad ampio spettro: non solo consapevolezza della necessità di cambiare… ma anche della complessità e fatica legata al cambiamento… e poi consapevolezza anche dei nostri punti di debolezza, delle nostre fragilità… e non solo di ciò che sappiamo fare bene e che gli altri ci riconoscono

E poi agisce partendo da un’analisi sistematica ed approfondita sia dei casi di successo che di insuccesso – lungo 4 dimensioni:

1) SOFT SKILL

2) LUOGHI

3) ZAINO DIGITALE

4) COMUNICAZIONE

In questo modo si riesce a trasformare il timore dell’ignoto e la paura di snaturarci in una sfida che ci appassiona, che possiamo padroneggiare e che ci permette soprattutto di ritornare a sognare il futuro, a desiderarlo.

Due sono i fattori che attivano il cambiamento: una crisi da superare o un’opportunità da cogliere. Spesso li consideriamo cause separate, ma sono invece sempre interrelate: una crisi da superare o un problema da risolvere aprono sempre a nuove opportunità. E le nuove opportunità mettono sempre in crisi i modelli in vigore. Pertanto le azioni e il linguaggio del cambiamento devono mantenere e armonizzare questi due registri.
È ciò è particolarmente importante quando si deve attivare il percorso: la vera difficoltà è spesso proprio il primo passo. Le inerzie, le paure, le urgenze della quotidianità son i nemici insidiosi del cambiamento, soprattutto nelle sue fasi iniziali.
E allora una comunicazione che unisca opportunità da cogliere e problemi da evitare e ne sottolinei l’urgenza diventa un aspetto centrale.
Spesso siamo convinti di dover cambiare ma non ci rendiamo conto dei costi e rischi nel non farlo subito, nel rimandarlo.
Saper cogliere il momento opportuno e non posporlo (o anticiparlo troppo) è allora un fattore critico: un misto di consapevolezza e sensibilità che spesso determina il successo o il fallimento del cambiamento stesso.

La fase del consolidamento del cambiamento è certamente la più difficile e insidiosa, quando l’adrenalina scende e si spengono i riflettori. Celebre è la massima: «Cambiare tutto per non cambiare niente».
Un cambiamento stabile si differenza da una variazione transitoria – seppur significativa e appariscente – perché è evolutivo e non rivoluzionario. L’evoluzione spinge a entrare in una nuova fase, forza un vero e proprio cambiamento di stato da cui non si torna indietro. La rivoluzione, invece, al di la dei proclami ritorna sempre al punto di partenza (e infatti descrive anche il moto eterno dei pianeti).
Due criteri – fra i tanti – risultano allora fondamentali:

  1. Non cercare mai un cambiamento radicale, disruptive, ma piuttosto incrementale, fatti di passi brevi ma costanti e che accumulano i piccoli cambiamenti fatti.
  2. Una volta ottenuto il cambiamento dei processi e della struttura, agire su tutte le altre variabili organizzative – ad esempio valori, mentalità, incentivi, exempla dei capi – per diffondere e stabilizzare il cambiamento conseguito.